IN CLINICA POLISPECIALISTICA SAN CARLO
Giovedì 10 ottobre 2024, in Clinica Polispecialistica San Carlo è stato impiantato un defibrillatore cardiaco sottocutaneo (S-ICD) dagli elettrofisiologici Dott.ssa Francesca Zuffada e dott. Antonio Napolano (in foto con tutta l’equipe che ha eseguito l’operazione). L’intervento, è durato circa un’ora e il paziente, un uomo di 77 anni affetto da cardiomiopatia dilatativa a coronarie indenni, ha potuto seguire tutte le procedure chirurgiche poiché effettuate in anestesia locale e blanda sedazione.
Il defibrillatore cardiaco impiantabile è indicato per persone a rischio di arresto cardiaco improvviso. Questo dispositivo monitora costantemente il ritmo cardiaco e somministra una scossa elettrica (una defibrillazione salvavita) in caso di arresto cardiaco o invia un potente impulso se il ritmo cardiaco è pericolosamente accelerato così da ripristinare un ritmo normale.
“Si tratta del primo intervento di questo tipo presso la nostra Clinica – spiega la dott.ssa Francesca Zuffada, Referente dell’equipe di Elettrofisiologia e Aritmologia dell’U.O. di Cardiologia diretta dal dott. Guido Belli – Abbiamo impiantato questo defibrillatore che non richiede l’inserimento di elettrocateteri transvenosi, riduce al minimo la possibilità di infezioni ed esclude la necessità di sostituire gli stessi elettrocateteri nel cuore. Rispetto al defibrillatore più tradizionale (ICD), questo impianto prevede infatti l’inserimento solo sotto la cute di un dispositivo vicino all’ascella e di elettrocateteri che arrivano allo sterno, lasciando di fatto il cuore intatto”.
Questo impianto S-ICD è adatto a tutti i pazienti cardiopatici? “Non è sicuramente indicato per tutte le patologie cardiache – chiarisce la dott.ssa Zuffada – prima di scegliere se impiantare un defibrillatore sottocutaneo o transvenoso, noi elettrofisiologici dobbiamo tenere conto di tutte le caratteristiche cliniche del paziente e della sua malattia. Tra i vantaggi che il defibrillatore sottocutaneo comporta per il paziente c’è anche la maggiore libertà per i movimenti del braccio che, soprattutto per i più giovani, vuol dire dover convivere con minori limitazioni fisiche e poter svolgere un’attività sportiva anche intensa”.